BLASONARIO CALABRESE
BLASONARIO CALABRESE
Si tratta del primo stemmario interamente a colori, dalla periodicità irregolare, dedicato alle casate calabresi riconosciute con formale provvedimento del Regno d’Italia e dalla Repubblica Italiana.
Gli stemmi delle casate Calabresi qui trattate, sono quelli censiti nelle due fonti, nobiliari, ufficiali del Regno d'Italia, cioè il LIBRO D'ORO DELLA NOBILTA' ITALIANA, e l'ELENCO UFFICIALE DELLA NOBILTA' ITALIANA. Il primo Elenco Ufficiale, venne istituito nel 1922 dalla Regia Consulta Araldica, e comprendeva le famiglie nobili e titolate già iscritte nei registri regionali, ma un asterisco contrassegnava quelle che avendo ottenuto il Regio Decreto o Decreto Ministeriale, erano quindi state inserite nel noto LIBRO D'ORO DELLA NOBILTA' ITALIANA. Nel 1933 venne approvato un secondo ELENCO UFFICIALE NOBILAIRE ITALIANO, a cui fu annesso anche un ELENCO DEI PREDICATI NOBILIARI. Gli iscritti negli ELENCHI UFFICIALI DELLA NOBILTA' ITALIANA (1921-1933 e supplemento del 1934-1936) se entro tre anni non presentavano però la documentazione per l'iscrizione nel noto LIBRO D'ORO DELLA NOBILTA' ITALIANA, venivano cancellati dagli stessi: non a caso ad esempio nell'Elenco del 1933 sparirono molte famiglie Italiane fiorenti, elencate in quello pubblicato nel 1921. L' ELENCO UFFICIALE DELLA NOBILTA' ITALIANA rimane prova dell'avvenuto riconoscimento nobiliare nel passato ordinamento, che costituisce quindi prova inconfutabile del diritto all'uso di un titolo e predicato nel cognome. Tale ordinamento era costituito dalle delibere della Consulta Araldica, in pratica norme ratificate coi Regi Decreti del sovrano, in ottemperanza alla Regia prerogativa, elemento tutt'oggi propedeutico negli attuali stati monarchici Europei per la concessione di titoli nobiliari. Ordinamento che anche in Italia era disciplinato col Regio Decreto del 7 giugno 1943 n. 651 che approvava il nuovo regolamento dello Stato Nobiliare Italiano, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno del 24 luglio 1943, che recita:
Art. 1 E' attributo della Sovrana Prerogativa del Re Imperatore:
a) stabilire norme giuridiche aventi forza di legge per l'acquisto, la successione, l'uso e la revoca dei titoli, predicati, qualifiche e stemmi nobiliari;
b) concedere nuovi titoli, predicati, qualifiche e stemmi nobiliari; rinnovare titoli e predicati, estinti per mancanza di chiamati alla successione; sanare le lacune e le deficienze nella prova di antiche concessioni o nel passaggio dei relativi titoli e predicati;
c) autorizzare l'accettazione di titoli, predicati e qualifiche nobiliari concessi a cittadini Italiani da Potenze estere;
d) decretare la perdita delle distinzioni nobiliari o del diritto a succedervi o la sospensione del loro uso. Le norme giuridiche in materia nobiliare sono emanate mediante decreti Reali controfirmati dal Capo del Governo. Esse sono inserite nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti e dell'avvenuta inserzione si dà annuncio nella Gazzetta Ufficiale, la quale provvede in pari tempo alla pubblicazione dell'atto inserito.
Art. 2 I titoli, i predicati, le qualifiche e gli stemmi nobiliari sono mantenuti a coloro che vi hanno diritto in conformità delle norme vigenti e si acquistano per successione.
Art. 3 Sono concessi dal Sovrano i titoli di Principe, Duca, Marchese, Conte, Visconte, Barone e Nobile. I primi Elenchi Nobiliari Ufficiali dello stato Italiano, furono in pratica gli Elenchi Regionali, 14 in tutto, pubblicati prima in forma provvisoria, e poi in forma definitiva, tra il 1895 ed il 1912, approvati ognuno con Regio Decreto e corrispondenti ai vari stati in cui era divisa L'Italia, prima dell'unificazione. Incaricate della compilazione degli Elenchi furono le R.R. Commissioni. Il presente ELENCO UFFICIALE DELLA NOBILTA' ITALIANA
-serie aggiornata trascrive quindi la reale spettanza dei predicati e dei titoli nobiliari di tutte le famiglie Italiane che hanno avuto provvedimenti di grazia e giustizia da parte del sovrano col Regno d'Italia. L'opera menziona quindi al suo interno le famiglie presenti nei detti ELENCHI UFFICIALI DELLA NOBILTA' ITALIANA (1921-1933-1934-1936), integrate con altre norme e disposizioni conformi alle delibere dell'ultimo statuto nobiliare del Regno d'Italia. Infatti poiché in dottrina è oggi opinione comune da parte della maggioranza degli studiosi di diritto nobiliare, che per quanto riguarda i riconoscimenti nobiliari delle famiglie nobili Italiane, gli unici che possono oggi ufficialmente confermare titoli nobiliari (non concederne di nuovi), sono unicamente quegli ordini cavallereschi dinastico-statuali, per il cui ingresso siano previste prove nobiliari, avallati però da una nazione in cui la forma dello stato sia quella monarchica, sempre quindi in definitiva nel pieno rispetto della Regia prerogativa in materia nobiliare (disciplinata da nazioni monarchiche Europee, attraverso i loro ordini equestri, e i loro provvedimenti ufficiali.)
Questo Stemmario è quindi di fatto l'elencazione e aggiornamento dei blasoni delle casate Calabresi ufficializzate dalla Regia prerogativa, nel fedele rispetto dell'Art. 79 dell'ultimo statuto fondamentale del Regno d'Italia. Ma cos'era esattamente la Regia prerogativa, e la Consulta Araldica del Regno d'Italia? Per rispondere in modo esaustivo a questa domanda bisogna fare un passo indietro: l'Art 79 sanciva la facoltà del sovrano di riconoscere i titoli nobiliari esistenti prima dell'unità d'Italia, ma allo stesso tempo la facoltà di crearne di nuovi: “i titoli di nobiltà sono mantenuti per coloro che vi hanno diritto. Il Re può conferirne di nuovi.
Si tratta di una norma che rende quindi giustizia alla storia delle famiglie nobili Italiane presenti negli stati per-unitari. Difatti i Savoia sovrani del Regno di Sardegna, con le annessioni del 1858 e poi del 1861, estesero semplicemente quella norma a tutti i nobili Italiani, garantendo così la conservazione dei titoli riconosciuti dagli stati per-unitari. Dopo l'unità d'Italia, la legge 20 marzo 1865, n. 2248, sancì in pratica la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria nelle controversie relative ad un diritto civico o politico. Con le sentenze del 31 dicembre 1901 e 12 giugno 1903, le sezioni Unite della Corte di Cassazione di Roma, applicò di fatto questa norma. Ma la pluralità degli ordinamenti nobiliari e la diversità tra essi, sottolinearono la necessità di organo consultivo specifico per la materia, organizzato ad altissimi livelli. Quindi col Regio Decreto del 10 ottobre 1869 n. 5318 Re Vittorio Emanuele II di Savoia, costituì la Consulta Araldica del Regno d'Italia. Un organo ufficiale per dare pareri al Governo, e coadiuvare la corona in materia di titoli nobiliari e stemmi, divenendo il massimo organo consultivo in campo araldico dell'ordinamento monarchico Italiano.
Anche oggi in Repubblica i blasoni delle famiglie nobili italiane sono tutelati posso dalla certezza dei diritti dettati dalla stessa Costituzione della Repubblica Italiana, diritti ripresi anche dalla Suprema Corte di Cassazione (S.U. 20 maggio 1965 n.986 e 987, Cass. 18 dicembre 1963 n.3189) relativamente al diritto di cognomizzare il predicato nobiliare spettante, ai sensi del secondo comma della XIV disposizione transitoria dell’attuale costituzione repubblicana.
Cognomizzazione che viene espressa con sentenza del giudice, all’interno della quale spesso viene blasonato lo stemma del richiedente, come segno distintivo di quel gruppo famigliare che ha chiesto la cognomizzazione del predicato.
Disposizione sancita anche da Cfr. Cass. SS.UU. 06/04/1964 n. 751. La sentenza di Cass. civ. 07/03/1991, n. 2426.
I predicati nobiliari sono quindi funzione sociale di elemento distintivo dell’identità delle famiglie, utili a evitare confusione con altri soggetti (sentenza 10936/1997 della Corte di Cassazione), diritto che trova fondamento anche nell’art. 2 della Costituzione repubblicana; art. 7 c.c. articoli che infatti tutelano i diritti inviolabili dell’uomo nella complessa unitarietà e di tutte le sue componenti, e dunque sia come singolo, sia, appunto, nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.
Anche il Consiglio di Stato – Sezione I, del 12 aprile 2012 n. 1783, ha confermato che i predicati nobiliari servono per meglio identificare una persona o un gruppo familiare che ha goduto di nobiltà legata all’intestazione di un feudo.
Dottrina espressa anche da
Corte cost. 3 febbraio 1994, n. 13.
Cass. Civ., n. 2426 del 7-3-1999.
Cass. Civ. n. 10936 del 7-11- 1997.
Cass. Civ. n. 2361 del 1978; n. 2426 del 7-3-1991).
Cons. Stato Sez. I 17/03/2004 n. 515.
Cfr. SS.UU. sent. n. 935 del 24/03/1969.
Cfr. Trib. Catania n. 3786 del 02/10/1998.
Le famiglie che hanno quindi goduto di un titolo nobiliare di origine feudale, possono dunque richiedere alla magistratura ordinaria l'aggiunta del loro predicato nobiliare al cognome, dimostrando con documenti storici di averne diritto.
Tale diritto viene applicato dalla magistratura della Repubblica Italiana, con sentenza detta di "cognomizzazione" del predicato nobiliare.
Il predicato nobiliare come tale passa quindi a tutta la discendenza, e viene formalmente trascritto sulla carta di identità e sul Registro Anagrafico dello Stato Civile dell’avente diritto.
Per la Repubblica Italiana, sono dunque riconosciuti nei loro diritti famigliari, sociali, e storico-nobiliari, solo quelle famiglie che hanno ottenuto sulla carta di identità la cognomizzazione del predicato nobiliare spettante, che viene quindi tutelato dallo stato da abusi o usurpazioni, quale patrimonio storico dei casati italiani, nonché quale prova di appartenenza allo status nobiliare.
Esempi di predicato nobiliare:
Luchino Visconti di Modrone - il predicato è "di Modrone"
Camillo Benso di Cavour - il predicato è "di Cavour"
Per cognomizzare un predicato nobiliare, si deve proporre un’azione di contenzioso ordinaria nei confronti del Pubblico ministero dell’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, e delle eventuali controinformazioni.
Il giudice nomina un CTU (Consulente Tecnico Ufficio), che spesso è uno storico, araldista, genealogista, il quale prende in esame le prove documentali fornite dal richiedente.
In caso di esame favorevole, il giudice con sentenza ordina allo spettante ufficio anagrafico l’aggiunta del predicato nobiliare dell’avente diritto, sul Registro Anagrafico, e conseguentemente il Ministero dell’Interno aggiorna la nuova Carta di Identità dell’avente diritto.
Il predicato nobiliare viene quindi ufficialmente tutelato dall’ordinamento repubblicano, e diviene trasmissibile a tutti i discendenti, rientrando nella normativa di tutela al nome. La Repubblica Italiana pur non potendo concedere nuovi titoli nobiliari, al contrario riconosce e tutela invece i predicati dei titoli nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922.
Ne consegue che oggi la Repubblica Italiana e quindi il suo ordinamento giuridico, riconosce solo quelle famiglie nobili che hanno cognomizzato il proprio predicato nobiliare sulla carta di identità, sul passaporto, e quindi sul Registro Anagrafico e su quello dello stato civile. Diversamente le casate che non ottengono la cognomizzazione del predicato nobiliare spettante dall’attuale ordinamento repubblicano, rimangono nobili solo per il precedente ordinamento monarchico, cioè per il Regno d’Italia, ma non per l’attuale Repubblica Italiana.
Si ripete quindi la stessa situazione in cui si erano venute a trovare le famiglie nobili degli stati preunitari (Regno delle due Sicilie, Gran Ducato di Toscana, Stato Pontificio, ecc. ecc.), le quali con l’avvento del Regno d’Italia (1871), dovevano ottenere una rinnovazione del titolo nobiliare spettante da parte del nuovo regno italiano creato dai Savoia, dato che diversamente sarebbero rimaste nobili solo per il rispettivo stato preunitario, ma non per il neo Regno d’Italia. In pratica con la Repubblica Italiana le certificazioni nobiliari, sono state sostituite dai provvedimenti della magistratura ordinaria, relativamente alle sentenze di accoglimento della cognomizzazione del predicato feudale sui documenti anagrafici e dello stato civile, nel rispetto della XIV disposizione transitoria dell'attuale costituzione italiana, per la quale i predicati feudali esistenti prima del 28 ottobre 1922 fanno parte del cognome. Relativamente alla creazione e concessione di nuovi titoli nobiliari, essendo i titoli nobiliari di regia prerogativa (cioè concessi o revocati unicamente da un monarca che regna su un trono, così come sancito dal R.D. 7.06.1943 dell’ultimo statuto fondamentale del regno), ed essendo invece il Presidente della Repubblica, capo di uno stato appunto repubblicano, in base al primo comma della XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana, egli non può creare e concedere nuovi titoli nobiliari a chi ne sarebbe meritevole (come invece accade con gli stati monarchici). In senso generale dunque, fanno parte della nobiltà italiana, tutti coloro che avendo passaporto italiano, ed essendo quindi cittadini italiani, hanno un riconoscimento, nobiliare, ufficiale dello stato italiano, ovvero sia del Regno d’Italia, che della Repubblica Italiana, (quest’ultima come detto ai sensi della predetta XIV disposizione transitoria dell'attuale costituzione italiana, per la quale i predicati feudali esistenti prima del 28 ottobre 1922 fanno parte del cognome).